36 – San Martino e il povero

Titolo: San Martino e il povero; (stendardo – recto)
Anno: 1649
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni:   268×203
Città: San Martino al Cimino  (Viterbo)
Collocazione: Museo dell’Abbazia di San Martino
La tela, pubblicata da Cordaro nel 1975, si livelò uno stendardo processionale nel successivo restauro curato da Rolando Dionisi. Infatti lisultò dipinta su entrambi i lati quando si tolse la vecchia fodera che aveva ricoperto la figura del Cristo come Salvator Mundi (scheda n.37).
[…] nel 1774, la tela fu ridotta a pala d’altare ritagliandola ai bordi ed eliminando gli angoli superiori per adattarla ad una centinatura.  […]
Nel San Martino infatti Preti sviluppa un linguaggio di nitida scrittura domenichiniana su cui innesta un colorismo liquido e timbrico già di impronta veronesiana, mentre nel Cristo la macchia guercinesca si addensa su toni più caldi e pastosi.
L’unica maniera per spiegare questo uso contemporaneo di linguaggi diversi è nel collegarlo ad una volontà di sottolineare la ‘funzione’ dell’opera d’arte e nel piegare lo ‘stile’ a mero strumento di comunicazione. La scelta dei temi era ovviamente obbligata: san Martino era il santo eponimo del paese, mentre il Cristo che versa il suo sangue nel calice era un chiaro riferimento alla confraternita committente intitolata al Santissimo Sacramento. Lo stendardo aveva inoltre una funzione pratica: eseguito per l’Anno Santo del 1650, doveva far riconoscere durante le processioni romane il gruppo dei pellegrini viterbesi e radunare i fedeli del luogo intorno ad esso. […]
Nasce con Preti un nuovo tipo di artista, non più figlio di una singola tradizione figurativa o creatore più o meno rivoluzionario di uno stile proprio, ma piuttosto quello di un tecnico della comunicazione che usa i vari linguaggi in funzione del pubblico e dei committenti, intesi come portatori di culture differenziate. Il suo impegno deve quindi commisurarsi nella capacità di rapportarsi di volta in volta con una realtà dai valori mutevoli e diversificati e di interferire con essa tramite tutti gli strumenti della propria arte.
[…] in Preti non c’è contrapposizione tra realtà e verità. Quest’ultima è valida per tutti, sono solo gli strumenti di decodificazione che mutano la percezione di entrambe e creano i diversi livelli di lettura.
S.A. – Mattia Preti, Il Cavalier Calabrese – Electa Napoli, 1999