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Titolo: Negazione di Pietro |
Anno: 1635-1639 | |
Tecnica: Olio su tela | |
Dimensioni: 243×410 | |
Città: Roma | |
Collocazione: Galleria Doria Pamphilj |
Dopo le iniziali attribuzioni al Guercino, all’Orbetto e a Lanfranco, questo dipinto è stato assegnato a Mattia Preti da Sergi (1927), seguito poi da Longhi (1943), che l’ha datata al periodo caravaggesco del pittore, da di Carpegna (1955; 1958), da Nicolson (1990 e da Spike (1989; 1999).
Quest’ultimo studioso, richiamandosi agli evidenti modi lanfranchiani, la ritiene eseguita prima del 1645, data presunta del soggiorno veneziano del pittore.
L’elemento più interessante dell’opera è l’impianto compositivo in centro sulle figure in primo piano, mentre del tutto irrilevante è quella del soldato a destra, a cui si rivolge la donna, completamente in ombra e definita semplicemente dal raggio di luce che orla l’elmo. Il taglio spaziale, tutto impostato sulla diagonale suggerita dalla figura femminile di spalle e dalle mani dei due personaggi principali, evidentemente derivato dalle esperienze barocche di Lanfranco, imprime alla scena una immediatezza quasi fotografica, e una forte impronta dinamica, rafforzata anche dalla scelta del lume, ancora caravaggesco, ma mediato dal chiaro influsso di Guercino. Da modelli del pittore bolognese deriva anche la nobile e monumentale figura di san Pietro, che ripete il gesto del San Matteo caravaggesco, la cui tensione umana per il drammatico momento, è efficacemente espressa dall’improvviso tendersi della guercinesca mano sinistra, in bellissimo scorcio, al limite della superficie del dipinto.
Quest’ultimo studioso, richiamandosi agli evidenti modi lanfranchiani, la ritiene eseguita prima del 1645, data presunta del soggiorno veneziano del pittore.
L’elemento più interessante dell’opera è l’impianto compositivo in centro sulle figure in primo piano, mentre del tutto irrilevante è quella del soldato a destra, a cui si rivolge la donna, completamente in ombra e definita semplicemente dal raggio di luce che orla l’elmo. Il taglio spaziale, tutto impostato sulla diagonale suggerita dalla figura femminile di spalle e dalle mani dei due personaggi principali, evidentemente derivato dalle esperienze barocche di Lanfranco, imprime alla scena una immediatezza quasi fotografica, e una forte impronta dinamica, rafforzata anche dalla scelta del lume, ancora caravaggesco, ma mediato dal chiaro influsso di Guercino. Da modelli del pittore bolognese deriva anche la nobile e monumentale figura di san Pietro, che ripete il gesto del San Matteo caravaggesco, la cui tensione umana per il drammatico momento, è efficacemente espressa dall’improvviso tendersi della guercinesca mano sinistra, in bellissimo scorcio, al limite della superficie del dipinto.
Rossella Vodret
Francesco Cozza, Gregorio e Mattia Preti, dalla Calabria a Roma (a cura di Rossella Vodret e Giorgio Leone)- Catanzaro 2008