33 – Resurrezione di Lazzaro

Titolo: Resurrezione di Lazzaro
Anno: 1645 – 1650
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni:   229×229
Città: Genova
Collocazione: Musei di Strada Nuova – Palazzo Rosso
Il dipinto, dapprima ritenuto un’opera giovanile di Mattia Preti, è databile intorno alla fine degli anni quaranta (Marini 1989; Spike 1999), verosimilmente in un tempo di poco precedente all’esecuzione di Clorinda fa graziare Olindo e Sofronia dal rogo anch’esso a Palazzo Rosso a Genova ed entrambi commissionati al pittore dal cardinale marchigiano Giovanni Battista Pallotta. Infatti, il primo documento ad oggi noto nel quale la Resurrezione di Lazzaro risulta annotata, è l’inventario post mortem del cardinale Pallotta, in cui si legge che, nel suo palazzo romano, nella «terza anticamera detta della Madonna» si trovano: «un quadro grande che copre una facciata di detta stanza mano dritta nell’intrare rapresentante Flagellum de funicolis con tredici figure con cornice color di noce intagliata e dorata. Un altro di rempetto al sudetto in tela simile rapresentante la Resurrettione di Lazzaro con dodici figure e cornice simile» (cfr. Aurigemma 1999, pp. 122-125; D’Amico 2009, p. 195). È evidente che il quadro, oggi a Genova, in casa Pallotta era en pendant con il Cristo scaccia i mercanti dal Tempio di Guercino anch’esso custodito a Palazzo Rosso.
Alla morte del Pallotta la quadreria viene ereditata dalla nipote che aveva sposato il conte bolognese Gio. Gaspare Grassi, il quale, per saldare i molti debiti contratti in vita dallo zio cardinale, vende, probabilmente in diversi blocchi, i quadri in tempi non precisati.  […]
L’opera, di cui sono noti una serie di disegni (Gabrielli, in Roma 1998) e, che fra l’altro, è stata attribuita, a partire dalla metà del Settecento, a Caravaggio (Boccardo, in Caldarola 2009), presenta un impianto scenico narrativo e teatrale. È evidente, infatti, la gestualità e l’espressività degli astanti; le donne, a sinistra, si coprono la bocca e il naso per non sentire il fetore che emana il corpo di Lazzaro che, stando all’episodio biblico citato da Giovanni (11,1-44), è stato riportato in vita da Gesù che gli comanda: «Lazzaro, vieni fuori». Così, mentre l’anziano signore col turbante, insieme al fanciullo di colore, dietro al Cristo in piedi, si fa spazio per curiosare, i due uomini, dalla parte opposta, commentano l’episodio. Mattia Preti
dipinge l’attimo in cui Gesù chiede di sciogliere a Lazzaro, appena risorto e sorretto da alcuni uomini, le bende, con le quali era stato sepolto per tre giorni.
A. D’A. – Vittorio Sgarbi – Mattia Preti – Rubbettino, Soveria Mannelli (CS), 2013